di Edoardo Toniolatti
Una parola che non compare, nel nostro statuto, è “dialettica” - e secondo noi è una assenza sintomatica.
Non perché non ci siano discussioni, dibattiti, a volte anche polemiche – anzi, di quelle ne abbiamo davvero in abbondanza, purtroppo. Quello che ci sembra manchi, piuttosto, è la consapevolezza condivisa delle regole del gioco: delle procedure e dei passaggi, formali e sostanziali, che stanno alla base del modo in cui si dibatte, si discute, e alla fine si prendono le decisioni.
Dialettica: una parola che manca

In un partito grande, popolare e democratico come il nostro, aperto a diverse culture politiche e diverse sensibilità, è normale che ci possano essere posizioni anche molto distanti: una diversità che noi consideriamo un valore, una ricchezza. Crediamo però che stare in un partito voglia dire voler incidere nel reale, nel quotidiano, nella vita vera delle persone per fare la differenza: e per fare questo, crediamo sia necessario a un certo punto decidere cosa fare, e come farlo. Individuare una strategia, un obiettivo da raggiungere e il modo migliore per arrivarci.
Per fare questo, è necessario riuscire a fare una sintesi delle diverse posizioni di partenza, una sintesi che è necessariamente mediazione, compromesso, un equilibrio temporaneo su cui si decide di puntare tutti insieme proprio perché ci si tiene a raggiungerlo, quell'obiettivo. E da qui, da dove siamo noi, l'impressione è che con questa parte dello stare in un partito, con questa parte del gioco, non abbiamo ancora molta familiarità. Non abbiamo molta familiarità con la dialettica, appunto – che non è solo discutere partendo da opinioni diverse, ma anche riconoscere le regole che regolano la discussione e le procedure che portano poi alla sintesi, alla decisione. Ma soprattutto, è riconoscere la legittimità della decisione a cui si è giunti, se quelle regole sono state rispettate. Ripensando a questi anni, però, quante volte abbiamo visto questa legittimità messa in discussione?
La diversità è una ricchezza, l'abbiamo detto perché ci crediamo veramente. Ma noi non siamo una squadra di calcetto, un'associazione di taglio e cucito o un club di lettura: siamo un partito politico, che ha l'ambizione di essere rappresentanza popolare e forza di governo, di cambiare le cose, di fare la differenza nella vita dei cittadini. Come possiamo farlo se non cooperando, impegnandoci tutti insieme quando una decisione viene raggiunta e una direzione presa, un obiettivo tracciato, una strategia definita?
In questi anni ci è capitato di non essere d'accordo con alcune delle decisioni che il nostro partito ha stabilito – d'altra parte siamo abituati a pensare con la nostra testa, non siamo soldatini. Abbiamo sostenuto le nostre idee, abbiamo provato a convincere i nostri compagni e a rendere quelle idee vincenti. Quando non ci siamo riusciti, non abbiamo rinunciato a pensare, ma abbiamo accettato che la maggior parte del partito aveva deciso diversamente: e abbiamo collaborato lealmente, nel nostro piccolo di semplici iscritti e militanti, per far vincere il nostro partito e i valori che rappresenta.
Perché questo significa dialettica: saper discutere, saper decidere, e saper accettare la decisione.