Basta visitare altri paesi in Europa per intuire che il nostro paese rimane
ostile alle giovani generazioni. A cominciare con il diritto allo studio.
Il corpo insegnante è mal remunerato per la funzione sociale che svolge
mentre l’abbandono scolastico resta una vera piaga in molte regioni del paese.
L’Italia resta fanalino di coda nei test PISA, soprattutto per l’inglese, l’informatica e la matematica. Come faremo a sostenere la terziarizzazione della nostra economia e competere nell’era digitale a livello globale? Al livello universitario, per chi non abita in Italia, stupisce la grande scarsità di studentati, soprattutto nelle grandi città il che è di fatto una barriera sostanziale alla mobilità degli studenti. I laureati in Italia rimangono troppo pochi (15% della popolazione, ultimi in Europa) e le immatricolazioni continuano a scendere. D’altra parte, le università rimangono troppe e con fondi insufficienti, con studenti che rimangono nel circuito universitario per troppo tempo,. Il valore legale della laurea deve essere ridiscusso con serenità: la laurea ha un senso se si impara qualcosa, non è un pezzo di carta da appendere al muro. Le borse di studio rimangono troppo poche. E’ interessante la proposta di Marco Simoni di posticipare l’età pensionabile di un anno per finanziare migliaia di borse di studio in più. Malgrado gli sgravi fiscali, resta molto difficile per i giovani accendere mutui per l’acquisto della prima casa. Da un lato, i redditi sono ritenuti troppo bassi o i contratti non abbastanza stabili, dall’altro le banche italiane chiedono depositi iniziali molto elevati. Anche per questo, è necessaria una riforma della giustizia civile per permettere alle banche di smaltire la montagna di prestiti incagliati. Non ci sono abbastanza asili nido e se ci sono, spesso sono privati, costosi, con orari non rispondenti alle esigenze di genitori che lavorano; tutto ciò rende ancora più difficile mettere su famiglia. La questione giovanile rimane importante anche nel mondo del lavoro. Se il Jobs Act ha ridotto in parte il problema della precarietà’ contrattuale, questa persiste sotto altre forme. Una di queste è rappresentata degli stage non retribuiti: secondo noi , oltre che iniquo in linea di principio, ciò è anche veicolo di immobilismo sociale perché solo i figli dei ceti più abbienti possono permettersi di lavorare mesi o addirittura anni senza remunerazione, accumulando esperienza preziosa per accedere alle professioni meglio retribuite. La transizione scuola-lavoro resta un punto debole in Italia, dove si trova lavoro più per contatti familiari che attraverso canali aperti dalle università. Vi è la necessita di un maggiore coinvolgimento delle aziende nei campus universitari. La formazione professionale continua rimane carente, soprattutto nelle PMI, che costituiscono la spina dorsale della nostra economia. Oggi sono oltre 2.4milioni i ragazzi tra i 15 e i 24 anni che non stanno né studiando, né lavorando, né si stanno formando (comunemente detti NEET): una vera bomba sociale destinata a scoppiare nei prossimi anni. Infine, anche per avviare un’azienda l’Italia resta un paese difficile, per via della burocrazia e dell’accesso al credito. Gli sgravi fiscali del MISE per le start ups sono consistenti, ma poco conosciuti e dovrebbero essere estesi a tutte le PMI non solo quelle tecnologiche. Dovremmo imparare dal Regno Unito su questo e dal loro programma SEIS (Seed Enterprise Investment scheme). Per tutte queste misure occorrono risorse. Risorse che mancano data la mole del nostro debito pubblico. Essere indebitati non e’ un problema in se, ma lo è se non si cresce. Fin dai primi anni ’90 l’Italia ha un saldo attivo di avanzo primario il che significa che sono quasi trenta anni che lo Stato prende dai cittadini più di quello che spende. Il debito pubblico è un ingiusta eredità frutto di decisioni politiche sbagliate. E’ imperativo abbatterlo, arginarlo, con qualsiasi mezzo: dismissioni, privatizzazioni, tassazione immobiliare o inflazione che sia.
La questione generazionale: un problema di dignità e pari opportunità.
