Gestione dei Rifugiati e strategia umanitaria: la riorganizzazione della Cooperazione Internazionale Italiana
nella nuova Agenzia che diventa più operativa e più e più orientata all’assistenza umanitaria, è certamente
incoraggiante.
E’ una direzione doverosa, viste le sfide che l’Italia è chiamata ad affrontare.
La questione dei rifugiati e quella della migrazione saranno al centro delle prossime elezioni, e andranno
affrontate con molto coraggio per non cadere nella narrativa razzista e populista.
Il nostro è un Partito che si fonda sulla solidarietà, e il Diritto Umanitario è cristallino: chi fugge da un conflitto o da un disastro naturale, va accolto. Accoglienza non vuol dire CIE. Accoglienza implica un sistema di supporto psico-socio-sanitario ed economico.
Questa non è una questione che l’Italia sarà in grado di affrontare da sola. Di fronte a una crisi umanitaria globale di questa portata, con 4 paesi che hanno dichiarato o stanno per dichiarare la fame (Yemen, Sud Sudan, Somalia e Nigeria) e un richiedente asilo ogni 122 persone nel mondo numero più alto mai registrato nella storia dell’umanità, nessuno Stato può proporre una soluzione da solo.
La risposta dell’Italia da Mare Nostrum in poi è stata ammirevole. Ora però dobbiamo impegnarci per cambiare il Regolamento di Dublino in Europa, e armonizzare le legislazioni nazionali per uniformare standard, tempistiche, accesso al mercato del lavoro e accesso a sistemi di protezione.
Accordi come quello con la Turchia sono gravi errori che un’Unione fondata sulla solidarietà non può permettersi. Sei miliardi di euro ad Erdogan per costruire un muro che chiuda i rubinetti siriani non è solamente moralmente sbagliato, è controproducente perché proietta l’immagine di un’Unione che pur di evitare di assumersi le proprie responsabilità scende a patti con un dittatore.
La tradizione italiana deve smettere di essere paternalistica, e continuare l’investimento nel pragmatismo di medio-lungo periodo. La soluzione non sta nella costruzione di muri, ma passa attraverso la creazione di corridoi umanitari che partano da posti sicuri in cui espletare un vetting process dei rifugiati dentro o vicino ai paesi di origine, copiando il sistema statunitense.
Sul versante europeo il recepimento deve essere armonizzato, almeno da un gruppo di paesi pilota. La gestione dei rifugiati non può essere lasciata agli Stati, che nella stragrandestra-grande maggioranza dei casi non hanno le competenze tecniche per riconoscere ed agire sui traumi sviluppati dai rifugiati durante il tragitto, ma deve essere affidata a organizzazioni della società civile che si occupano di riallocazione, per dirigere i rifugiati nei posti più adatti ai loro bisogni agendo come controllori di traffico e incrociando le disponibilità dei Paesi che partecipano al pilota con i bisogni dei rifugiati.
La questione dei rifugiati definirà l’identità dei cittadini europei nei prossimi decenni inclusa la nostra, e un partito come il PD non può perdere l’occasione di avere un ruolo protagonista in questa battaglia di civiltà.
Gestione dei Rifugiati e strategia umanitaria
