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Il Partito Democratico, la democrazia che si organizza.

Come già evidenziato, il congresso è il momento cruciale nella vita del partito e l’occasione

per affrontare il tema delle modalità del nostro stare insieme. La discussione sulla forma partito,

per come si è strutturata negli ultimi anni, riguarda sostanzialmente alcuni punti fondamentali:

 

  • Apertura del partito alle istanze della società

  • Articolazione e struttura del partito sui territori

  • Rapporto fra iscritti, simpatizzanti ed elettori

  • Scelta e selezione della classe dirigente

  • Disciplina di partito e libertà di coscienza

 

La crisi dei partiti tradizionali è un’evidenza storica incontestabile ed è influenzata da due fattori fondamentali.  Da un lato, i cambiamenti epocali verificatisi negli ultimi trent’anni, che hanno portato alla liquefazione dei blocchi sociali novecenteschi; dall’altro, l’impatto deleterio che la crisi economica mondiale ha causato, nell’ultimo decennio, in termini di disaffezione alla politica, di sfiducia generalizzata verso le classi dirigenti, di astensionismo e disinteresse diffuso, di rifiuto dell’azione politica ritenuta come strumento efficace per la risoluzione dei problemi delle società democratiche.

 

In questo contesto difficilissimo, vogliamo portare un contributo di idee e speranze, di proposte e suggerimenti, sulla base dell’esperienza che abbiamo accumulato nei paesi in cui viviamo, in Europa e non solo.

 

Crediamo che l’apertura del partito alle istanze di una società in continuo mutamento debba essere portata avanti con ancora più vigore ed entusiasmo, focalizzando i nostri sforzi sulle attività nei territori, non solo fisici, in cui operiamo. Il partito democratico è nato, nel 2007, con una dichiarazione di intenti e una visione ben precisa. Vogliamo rinsaldare e ristabilire quella visione: il PD deve essere un partito a vocazione maggioritaria.  Vocazione maggioritaria significa aprirsi alla società, comprenderne i conflitti, analizzarli e proporre soluzioni adeguate ai tempi che stiamo vivendo. Dobbiamo comprendere ciò che si agita sotto la cenere dell’astensionismo e dare risposte credibili, pragmatiche e realistiche per rispondere alla sofferenza di chi si sente escluso.

 

Riteniamo che lo strumento delle primarie aperte, in questo contesto, non vada messo in discussione, anzi vada rafforzato con regole certe e incontestabili, ma anche votate al principio della massima apertura a tutte quelle istanze, nella società italiana, che possono e vogliono riconoscersi nel percorso politico di un partito riformista.

 

Il PD rimane oggi, l’unico vero partito politico nell’arco costituzionale italiano. Non possiamo sprecare l’opportunità di farlo crescere e maturare ulteriormente. La dialettica al suo interno, i modi in cui stiamo e staremo insieme, dev’essere uno strumento efficace e non un freno, deve essere focalizzata sulla discussione costruttiva. Vocazione maggioritaria significa anche raggiungimento della sintesi, a valle di una discussione seria e articolata che deve portare a una conclusione quanto più possibile condivisa ma, allo stesso tempo, la necessità di discutere non può trasformarsi in un ricatto permanente.   

 

Vogliamo un partito che promuova e implementi la partecipazione, non solo nei modi classici e secondo le strutture gerarchiche storicamente note, ma anche favorendo il coinvolgimento attraverso la rete. Se il processo decisionale richiede celerità, come è evidente nel contesto globale in cui operiamo, allora bisogna dotarsi di processi e strutture che favoriscano la discussione approfondita, anche in maniera complementare alle strutture gerarchiche di circoli e federazioni. Se è vero che il partito deve essere ramificato e presente nei territori, è altrettanto vero che l’idea stessa di territorio ha subito una profonda evoluzione, in seguito all’avvento della rete e al successo dei social network. La rete è un moltiplicatore di conoscenza e un formidabile strumento di discussione. Il partito che vogliamo deve farsi artefice di processi decisionali che non possono prescindere da questo fatto.

 

La partecipazione deve essere estesa a quanti, di volta in volta, a prescindere dalla loro scelta riguardo un impegno permanentemente attivo, possono portare istanze, idee, suggestioni e progetti. Per questo anche la distinzione netta fra iscritti, simpatizzanti ed elettori, ci pare superata dalla storia. Se è vero che rimane di fondamentale importanza il ruolo attivo di chi decide di dedicare al partito tempo, energia e sforzo di testimonianza - sottoscrivendo una tessera - è altrettanto vero che il partito non può e non deve correre il rischio di rinchiudersi nelle sue stanze, di avere a riferimento sempre e solo gli stessi corpi intermedi. Il PD che vogliamo deve coinvolgere, motivare e invitare alla discussione tutti coloro che, fatta salva la base valoriale in cui ci si riconosce tutti, possono aggiungere valore all’analisi dei conflitti nella società e alle proposte per la loro risoluzione.


Il coinvolgimento deve essere continuo e non può limitarsi solo al momento elettorale. Il PD deve essere portatore dell’idea che la politica è un esercizio quotidiano, necessario e progressivo. Questo esercizio deve portarci a stabilire processi trasparenti ed efficaci per selezionare la classe dirigente, per promuovere il merito e i meriti di chi si prenderà l’onere e la responsabilità della rappresentanza.

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