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Mamme: errore clamoroso o scelta strategica?

  • Mina Zingariello
  • 28. Juli 2017
  • 3 Min. Lesezeit

"Dipartimento Mamme, ma cos' è una sezione del supermercato?"

Così ha esordito una mia cara amica che mi ha chiamata subito dopo aver appreso dei 40 dipartimenti del PD.

"Dipartimento Mamme ha un sapore fascista" mi scrive un altro militante in un gruppo whatsapp del circolo di Londra.

Ed hanno ragione. Come si può prendere una parola così ampiamente abusata dall'immaginario collettivo ed emotivamente carica e pensare che non si porti dietro riferimenti storico-culturali precisi?

Eppure quelle conversazioni mi hanno fatto pensare: e come avremmo dovuto chiamarlo allora, questo dipartimento? Posto che un problema maternità/paternità esiste, siamo così sicuri che le alternative sarebbero state migliori?

Facciamo qualche prova.

Avremmo potuto chiamarlo "Politiche per le famiglie" ed ecco che nell'immaginario collettivo sarebbe diventato un dipartimento per le detrazioni fiscali ai genitori che lavorano.

E chi sono in Italia i genitori che lavorano (quando fanno figli, e quando hanno un lavoro)?

Ovviamente i padri!

Perché visto il salary gap, e i carenti e costosi servizi alle famiglie, alla fine sono le donne a svolgere, spesso completamente da sole, il ruolo di genitori dovendo abbandonare la propria vita, ambizioni e preparazione professionale. Quindi le donne ne sarebbero uscite trascurate.

Avremmo potuto chiamarlo "Dipartimento genitori" ed ecco che sarebbe diventato un dipartimento per il lavoro, perché i giovani che non lavorano non fanno figli. Di nuovo, le donne ne sarebbero uscite trascurate.

Avremmo potuto chiamarlo "Dipartimento per la filiazione", ma tutti ricordiamo i danni della campagna del fertility day, quindi meglio soprassedere.

La verità è che chiamandolo Mamme abbiamo alzato la cortina su un problema culturale, quasi identitario, che ci riguarda tutti. E la ragione per cui io mi sento così a disagio di fronte al termine Mamme è perché non mi lascia scampo. Il Dipartimento accende la luce su un problema che è parte fondante dello stereotipo italiano per eccellenza "La Mamma", che si porta appresso aspettative e pressioni sociali che nessun'altra categoria deve sopportare in Italia con le stesse dimensioni.

Intanto il dovere di essere Mamme, con pressioni sull'età giusta, il tipo di relazione giusta, i compagni giusti.

Poi essere Mamme perfette, mitizzate, con figli e case altrettanto perfetti, socialmente attive, sessualmente desiderabili, culturalmente appropriate, professionalmente soddisfatte.

E infine essere Mamme autosufficienti, perché l'istinto della maternità ce l'hai dentro, e non hai bisogno di servizi, aiuti, prestazioni, altrimenti non sei perfetta (e quindi torni al punto 2) o non ti meriti di essere Mamma, e quindi sei incompiuta (torni al punto 1).

Questo dipartimento, se funzionerà (ed è un grande SE), dovrà concentrarsi sulla maternità come scelta serena e consapevole. Senza pressioni e senza giudizi, una donna dovrebbe poter scegliere se, quando e come diventare ed essere Mamma.

Ed è ovvio che ci sono anche i Papà, e che le politiche per la paternità debbano essere incentivate. Ma in Italia oggi (non tra 20, 30 o 40 anni) la maternità è un problema femminile, che include anche gli uomini come attori nella società, ma che ha un impatto sproporzionatamente superiore sulle Mamme. Che ci piaccia o no, chiamare il Dipartimento in un altro modo forse - e dico forse - avrebbe rischiato di togliere il focus dal fulcro reale della questione: le Mamme.

Si tratta di un lavoro culturale, che va affrontato in modo olistico, ma con un focus chirurgico.

Sarebbe bellissimo che l'Italia in questo fosse più simile alla Svezia, la Danimarca o la Norvegia. Ma non lo è, e se vogliamo arrivarci da qualche parte dobbiamo pur cominciare.

Allora, perché non farlo partendo dalle Mamme? Senza alibi, senza scampi, senza giustificazioni. E forse un giorno le nostre politiche saranno meno discriminatorie, meno ipocrite e più egualitarie. E allora un Dipartimento non servirà più.


 
 
 

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